Un viaggio indietro nel tempo, alla scoperta della Borgogna, rinomata regione vinicola francese, custode di un terroir unico, in cui nascono i vini più prestigiosi, Pinot Nero e Chardonnay in primis. Ripercorri con noi la sua affascinante storia secolare.
In questo articolo parliamo di:
1. Dove si trova la Borgogna?
Cominciamo dall’inizio: dove si trova precisamente questa famosa regione? La Borgogna, in francese Bourgogne, è una regione storica della Francia, situata nella parte centro orientale del Paese, che dal 2016 è stata accorpata alla Franca Contea, dando vita alla regione amministrativa della Bourgogne-Franche-Comté.
L’etimologia del suo nome è legata ai Burgundi, un’antica tribù germanica orientale, originaria della Scandinavia, che nel V secolo si stanziò tra la Saona e il Rodano, fondando un regno che prese il nome di Borgogna.
Il suo territorio, caratterizzato da dolci colline e pianure verdeggianti, attraversate da numerosi fiumi e torrenti, ne fa una regione a vocazione prevalentemente agricola, in particolare il suo terroir unico le ha permesso di sviluppare un’economia enoica (focalizzata sulla produzione e il commercio del vino), presa a modello dal mondo intero.
Con il termine terroir si indica l’area in cui cresce un vitigno, dotata di specifiche caratteristiche naturali, fisiche, climatiche e chimiche (come la composizione minerale del suolo) che, insieme, determinano l’unicità del vino che vi viene prodotto.
Anche in questo caso (come in quello del Whisky e dello Champagne), fu l’Impero Romano a creare in questo territorio i presupposti per lo sviluppo e la diffusione della vite, mentre i Galli, durante le invasioni in Italia, prelevarono qui le prime viti, che poi portarono in patria (nelle province galliche dell’Impero Romano) nel V-IV secolo a.C..
In Gallia, la bevanda per eccellenza era la birra, ottenuta dall’orzo, ma durante la dominazione romana la richiesta di vino aumentò al punto da costringere l’imperatore Domiziano (50 d.C.) a limitare le coltivazioni della vite in Italia e a imporre la distruzione di metà delle coltivazioni nelle province, per evitare che entrassero in concorrenza con i popoli italici.
Si trattò, di fatto, di un provvedimento protezionista, che non aveva solo l’obiettivo di convertire i terreni alla coltivazione di cereali, per evitare il rischio di carestie, ma anche quello di favorire i produttori italici di vino, in un momento storico in cui l’economia italica subiva la concorrenza delle province.
Passarono due secoli prima che le autorità imperiali, per mano di Probo, dessero il via libera alla produzione e commercializzazione del vino.
Nel 476 d.C., a seguito del crollo dell’Impero Romano d’Occidente, si aprì una stagione di guerre e scontri tra le popolazioni locali, che portò i Burgundi a insediarsi nella valle del Rodano e a perpetuare le buone pratiche vitivinicole, fino all’arrivo dei Merovingi nel V secolo.
2. Vino e Chiesa
L’avvento della religione cristiana portò con sé il simbolismo del sacrificio di Cristo sulla croce: il vino divenne una bevanda sacra, impiegata nelle celebrazioni e, per questo, strumento sociale, culturale–identitario e politico.
Le aristocrazie locali, in segno di reverenza, per intrecciare rapporti proficui con i monaci iniziarono a donare loro terreni produttivi, spesso limitrofi alle abbazie.
Questo processo, unito all’acquisto di terre da parte degli stessi monaci, modificò la struttura del territorio in modo sostanziale.
Varie personalità, in diversi momenti storici, donarono terreni: il Duca di Amalgaire nel 640 donò all’Abbazia di Bèze terreni situati a Gevrey (da questa donazione si genererà il Clos della Côte d’Or), Re Carlomagno nel 775 donò il vigneto di Aloxe a Saint-Andoche che diventerà in seguito l’Appellation Corton-Charlemagne.
Come in altri casi, i monaci ebbero un ruolo chiave nello sviluppare un modus operandi che porterà queste produzioni sul tetto del mondo, in termini di riconoscibilità e prestigio.
Grazie all’abate dell’ordine cistercense Bernard de Fontaine, da noi noto come Bernardo di Chiaravalle (XII secolo), e ai suoi rigorosi principi di vita, vennero applicate nuove tecniche di vinificazione e registrati meticolosamente tutti i risultati ottenuti, creando un patrimonio scritto di conoscenza che è tuttora fondamentale per la conservazione del Terroir de Bourgogne.
Nell’immagine l’abbazia di Cluny oggi
La regola dei Cistercensi spronava i monaci a elevarsi mediante uno stile di vita frugale e rigoroso, basato sull’alternanza, nell’arco della giornata, di fatica e preghiera. Questi monaci avevano un metodo di lavoro quasi scientifico, che prevedeva la catalogazione dei risultati ottenuti. La nascita di una cultura agricola altamente specializzata deve molto a questo approccio.
In quest’epoca in Francia, erano presenti diversi ordini monastici, i più influenti furono i già citati Cistercensi dell’abbazia di Cîteaux (1098) che si stabilirono in Côte de Beaune e Côte de Nuits, ma anche verso Chablis e Chalon-sur-Saône.
Nel 909, l’ordine dei Cistercensi successe come importanza a quello Cluniacense dell’abbazia di Cluny, che, fino alla costruzione di San Pietro, fu la chiesa cristiana più grande mai costruita, con terreni in Côte Chalonnaise e Mâcon, ma anche più a nord fino a Romanée-Saint-Vivant.
Se in una prima fase il vino veniva utilizzato solo durante la celebrazione della messa, in seguito la sua popolarità crebbe, di pari passo con lo svilupparsi della tecnica produttiva, che divenne sempre più sofisticata.
Fu così che il vino diventò, per queste comunità di monaci, un’importante fonte di finanziamento: iniziarono infatti a venderlo, prima esclusivamente sul mercato interno, in seguito in tutta Europa (XV secolo).
Il metodo e la ricerca, nel tempo, condussero questi monaci a individuare tra le singole particelle vitate (superfici coltivate a vite) peculiarità profondamente diverse, che diedero vita a un complesso reticolo di Climats alcuni dei quali recintati in Clos che in futuro avrebbero dato origine alle Appellations.
3. La Borgogna dei Duchi
A partire dal XIV secolo, il testimone passò gradualmente ai Duchi, che erano detentori delle restanti terre coltivabili a vite e, di conseguenza, in prima linea nel raccogliere i frutti dei progressi tecnici ottenuti dai monaci.
Il vino si trasformò in un prodotto aristocratico e d’eccellenza. Il documento che ne attesta le sorti è opera del Duca Philippe le Hardi, il quale nel 1395 redasse un’ordinanza con lo scopo preciso di limitare la produzione del Gamay.
Si tratta, di fatto, del primo documento della storia di politica agricola legato alla viticultura: in particolare, imponeva sia la limitazione sia l’espianto di parte delle viti di questo uvaggio a favore del Pinot Nero, fino ad allora poco utilizzato a causa delle basse rese.
Il Gamay, infatti, era più produttivo e resistente alle malattie, per questo motivo era diventato il vino dedicato al consumo quotidiano del popolo.
Fu interesse dei Duchi ridurne la diffusione a favore di un vino più aristocratico, che si rivolgeva agli amatori e quindi era anche più remunerativo sul mercato.
Dopo la Renaissance e fino al XVII secolo, i vini di Borgogna subirono un lieve arretramento, a causa di guerre e conflitti interni in Francia, a cui si aggiunse l’ascesa dello Champagne, soprattutto nelle corti e tra gli aristocratici.
Ciononostante, nel 1728 l’Abate Claude Arnoux pubblicò in territorio inglese il primo libro di approfondimento dedicato ai vini di questa regione, contenente, tra l’altro, riferimenti espliciti ai Terroirs e ai Climats, che poi daranno vita alle Appellations.
Nello stesso tempo, la Chiesa perse potere a favore dell’aristocrazia, che cominciò a prendere possesso di molti terreni produttivi in Borgogna.
Il medico personale di Luigi XIV, Guy-Crescent Fagon, nel 1693, prescrisse al Re Sole, cagionevole di salute, il vino di questa regione come bevanda dietetica mediante l’Ordinanza di Fagon. Non sappiamo quanto questa cura giovò al re, sicuramente l’ordinanza fece molto bene alle vendite del vino di Borgogna, inaugurando la graduale ripresa di questo prodotto nelle corti.
Nascono in questi anni i primi négociant-éléveur (commercianti – agricoltori/coltivatori) e le prime maison de négoce (case vinicole che acquistano uve, mosti o vini da vignaioli e produttori diretti e si occupano della vinificazione, dell’affinamento e della vendita), ma è soprattutto con la Rivoluzione Francese che l’assetto delle proprietà venne completamente stravolto e si assistette a un autentico rovesciamento dei poteri.
Tutti i possedimenti statali e della Chiesa vennero confiscati e messi all’asta a partire dal 1790, a favore della borghesia borgognona e parigina, ridefinendo le proprietà ma lasciando pressoché invariata la sorte dei vignerons, che in alcuni casi poterono acquistare piccoli terreni, ma per il resto passarono da essere mezzadri della chiesa ad esserlo per la borghesia.
Nel 1760 Louis-François de Bourbon, principe di Conti (1717-1776), acquistò La Romanée, uno dei Clos dell’Abbazia di Saint-Vivant a Vosne: questa fu una delle poche a essere risparmiata dalla gogna della Rivoluzione Francese e attualmente è una delle denominazioni più prestigiose della Borgogna.
4. La fillossera, l’industrializzazione e la nascita delle Appellations
Il XIX secolo è l’epoca che ha dato i natali alla moderna Borgogna, ma proprio quando era all’apice del suo successo e apprezzamento, la regione venne funestata da quello che è stato definito il “male nero” (le mal noir): la fillossera.
La fillossera della vite fu individuata prima in America del Nord da C. H. Fitch nel 1854, poi da J. O. Westwood nel 1863 ad Hammersmith, quartiere di Londra, in coltivazioni indoor.
A partire dal 1868 se ne trovò traccia nel Sud della Francia, da cui si diffuse in tutta la regione e poi in Europa. Per la Francia, ma non solo, fu un’ecatombe: si hanno documenti che parlano di 500 ettari persi? entro il 1887 fino ad arrivare a 4000 a fine Ottocento.
Come tutte le catastrofi, però, anche questa contribuì a creare le condizioni per la nascita di una viticoltura più consapevole.
La fillossera venne debellata con l’innesto a guyot, scoperta dell’omonimo ricercatore Jules Guyot, grazie all’utilizzo di piante di origine americana, naturalmente resistenti a questo tipo di insetto, che gli insetticidi del tempo non riuscivano a eliminare.
La Fillossera su una foglia di vite.
Guyot pubblicò un trattato che, tra le altre cose, consigliava di diradare le coltivazioni e i filari di vite per permettere al carro trainato di accedere ai filari, per poter svolgere potature e arare il terreno con l’aratro.
Catastrofe a parte, il XIX secolo vide il consolidarsi del concetto di Climats, Terroirs e la nascita delle Appellations partendo da una pratica di vinificazione specifica, quella secondo la quale ogni particella (Climats) viene vinificata in un singolo tino (cuve) da cui la cuvée (assemblaggio di vini diversi).
Vari testi di A.Jullien, J-A. Cavoleau, D.Morelot nei primi anni dell’800 seguono il filone della classificazione secondo Cru in termini generali e non specifici sulla regione della Borgogna, ma con il testo di Jules Lavalle del 1855, “Histoire et statistique de la vigne et des grands vins de la Cote d’Or” si ebbe la stesura di una vera e propria classificazione a piramide, in cui non contano solo i Climats di origine, ma anche la posizione in cui è piantata la vigna, che influisce sulla qualità delle uve immesse sul mercato e quindi anche sulla qualità del vino.
Nasce in questi anni la classificazione dei vigneti basata sulla distinzione tra parcelle caratterizzate da uno specifico suolo, sottosuolo, microclima, esposizione, oltre che da una propria personale storia.
Questi concetti vennero poi ripresi per la classificazione ad opera del Comité d’Agriculture de Beaune (1861), traducendosi infine con l’unione del nome “Climat” e del concetto di vigneto di riferimento, facendo nascere così l’attuale struttura delle Appellations.
Nacquero così Gevrey-Chambertin (1847), Aloxe-Corton (1862), Vosne-Romanée (1866) Chambolle-Musigny (1878) e altre a seguire.
Il XX secolo fu molto difficile per i vini di Borgogna, come del resto per tutta la società occidentale, a causa del succedersi di due conflitti mondiali, del Proibizionismo americano e della crisi economica del ’29.
Nonostante questo, il ‘900 fu anche il secolo della ricerca e della Rivoluzione Industriale. Il cavallo e l’aratro, che prima sintetizzavano l’avanguardia introdotta da Guyot, in breve tempo divennero simbolo di arretratezza: l’avvento di aratri più performanti e soprattutto del trattore scavallante (1932) imposero un’accelerazione a tutto il settore.
Contestualmente, le tecniche di cantina si svilupparono per garantire maggiore produttività a discapito, purtroppo, della qualità, grazie anche all’impiego della chimica in viticoltura, da cui la diffusione di insetticidi e diserbanti.
Questo fu anche il secolo in cui la necessità di garanzie di qualità del prodotto e di certificazioni di origine diventarono imprescindibili per l’esportazione e il consumo interno.
Nel 1935, venne istituito ufficialmente il sistema delle Appellations e di controllo che le avrebbe garantite, che attualmente conta 84 Appellation d’Origine Contrôlée (AOC).
Nel 1936 venne assegnata la prima Appellation d’Origine Contrôlée de Bourgogne a Morey-Saint-Denis.
Il susseguirsi di conflitti e crisi economiche, nonché il consolidamento della società industriale, vide la borghesia cedere gran parte dei terreni accumulati a favore dei piccoli e medi produttori, che spesso erano aziende famigliari: queste diventeranno la spina dorsale di questo territorio, che oggi conta oltre 3000 produttori.